Molti personaggi letterari sono grandi fumatori di pipa, come lo sono stati i propri autori durante la vita. Grazie al genere giallo, con Sherlock Holmes di Conan Doyle e Maigret di Simenon, il detective con la pipa in bocca è diventato un cliché molto apprezzato e rappresentativo del genere. Anche nel genere fantasy non manca la pipa, passatempo quasi ossessivo di hobbit e stregoni ne "Il signore degli anelli" di JRR Tolkien. La pipa in certi romanzi assume un significato che va al di là della propria connotazione fisica: in "Moby Dick" di Melville il capitano Achab, giurando vendetta contro la balena bianca, getta in mare la sua pipa in segno di disprezzo verso i piaceri e la tranquillità della vita.
La pipa è diventata di fatto la compagna silenziosa perfetta che avvolge il lavoro dello scrittore. Gli stessi poeti maledetti le hanno dedicato diverse opere di cui ho di seguito riportato due poesie di Charles Baudelaire e di Tristan Corbière.
La Pipa
Sono la pipa d'uno scrittore:
con questa faccia
d'Abissina o Cafra, si vede
che il padrone è un gran fumatore!
Se lui è pieno di dolore,
fumo come la capanna
dove si cucina
per il contadino che ritorna.
Come gli allaccio e cullo l'anima
nella rete azzurra e mobile
che sale dalla mia bocca di fuoco!
E che dittamo potente effondo
per affascinargli il cuore e guarirgli
lo spirito dalle fatiche!
Charles Baudelaire
Tratta dalla raccolta “I fiori del male”
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